(Lunga) Cronistoria d’una sera ad accompagnar la dama d’altri

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La scena si apre con due individui, un uomo e una donna, seduti su degli sgabelli al bancone di un bar.
L’uomo è annoiato, tediato, sta cercando di sbronzarsi. L’uomo sono io.
La donna indossa una camicia bianca con l’ultimo bottone slacciato, dei jeans neri e un paio di tacchi – colore non pervenuto. La donna si chiama Marta.
A un tavolo poco distante sono seduti sei individui. Una di loro è Eleonora, una mia amica che mi ha chiesto d’accompagnarla in questa magica serata. Siamo gli invitati d’un aperitivo per il compleanno di Mr. Incredibile, al secolo Marco, festeggiato nonché fiamma di Eleonora. Che, poi, fiamma: sono al terzo appuntamento.
Marta è un’amica di Mr. Incredibile. Mr. Incredibile è una testa di cazzo, ma Eleonora ci tiene e, quindi, per non affogarlo nel suo stesso ego mi sono auto-ostracizzato al bancone. Marta mi ha raggiunto qui, probabilmente perché la mia maglietta con scritto “O Kamchatka o morte” ha fatto colpo. O, forse, perché anche lei non sopporta Mr. Incredibile.
Eleonora mi aveva chiesto di starle vicino tutta la sera: scusa Ele, non ci riesco.

“E nella vita cosa fai?” mi chiede Marta all’improvviso.
Io, guardando verso il tavolo dove Eleonora sta ridendo per una battuta, rispondo “L’angelo custode fallito”.
“Sembra affascinante, come funziona?”.
E’ una domanda bellissima per cui non ho risposte. Quando si dice una cazzata, bisogna anche essere preparati a sostenerla.
“Dimmi di te” svio il discorso “Che combini nella vita?”.
“Lavoro per uno studio che offre consulenze finanziarie”.
“Ma dai! Immagino sia una figata”.
“Beh, è quello per cui ho studiato. Posso reputarmi contenta”.
“Santo mondo!” esclamo mentre porto il Rusty Nail alle labbra “Meno male che c’è qualcuno contento!”.
“Colgo dell’ironia nella tua frase” mi fulmina la mia interlocutrice.
Sono brillo, tra altri tre cocktail sarò sbronzo e non ho nessuna voglia d’impegnarmi in una discussione che richieda l’utilizzo del cervello. Non pensavo che Marta sarebbe stata una piacevole conversazione. Se è per questo, non pensavo nemmeno che le persone fossero conversazioni. E’ una consapevolezza arrivata con il tempo.
“Mi arrendo” dico “Sei troppo impegnativa per me, stasera”.
“Ma stiamo solo parlando” commenta stupita “Mica ti ho chiesto di comprarmi una casa”.
“Si inizia sempre così, parlando”.
“Non sempre”.
“Le cose che non iniziano parlando, durano meno d’un preservativo” dico con tono fermo, come fosse una verità immutabile.
“Accipicchia, quanta vita vissuta!” mi prende in giro Marta.
Mi domando come mai non abbia deciso d’andare al cinema, questa sera, anziché venire al compleanno di Mr. Incredibile. Se fosse andata al cinema, non sarei qui a parlare con lei, mi starei annoiando per davvero e potrei divertirmi facendo sentire in colpa Eleonora.
“Non ti chiederò di comprarmi una casa. A uno con una maglietta del genere non chiederei mai nulla che duri più di un film” aggiunge.
Mi accorgo che ha gli occhi azzurri, il labbro inferiore più grande, carnoso. Mi piace il modo in cui le dita della sua mano sinistra giocano con la cannuccia nel bicchiere. Mi piace il tono con cui fa cadere le frasi, come pone in rilievo una parola piuttosto che un’altra.
“Non ti chiederò di comprarmi una casa. A uno con una maglietta del genere non chiederei mai nulla che duri più di un film”.
“Troppo lungo un film, come tempo di programmazione” commento io.
Guardo verso Eleonora. E’ seria, sorride di tanto in tanto. Sembra quasi faccia parte del mobilio, le conversazione le accadono intorno senza coinvolgerla. Credo che Mr. Incredibile le abbia rivolto la parola due, massimo tre volte in tutta la sera: “Ciao!”, “Accomodati”, “Cosa bevi?”.
Marta dice “Ho capito” e poi si mette a ridere. Capisco immediatamente a cosa si riferisce.
“E io che pensavo che, quella dell’angelo custode, fosse una cazzata” aggiunge.
“Una mezza cazzata” dico.
“Dai, angelo custode, che ne pensi di Marco?”.
“Non lo vuoi sapere davvero”.
“Dai!”.
“Sei sua amica, non voglio dire cose che possano farti incazzare”.
“Chissenefrega, dimmi!”.
Mi arrendo “Ok. Trovo che sia una pomposa testa di cazzo, cui piace sentire solo la propria voce, le proprie idee, i propri pensieri. Probabilmente si masturba pensando a se stesso nudo. Probabilmente predilige penetrare analmente. Probabilmente i meeting erotici con il suddetto non si protraggono più dei canonici dieci minuti. Ci metterà sicuramente quaranta minuti solo per sistemare il ciuffo, mezz’ora per scegliere la camicia e venti minuti per abbinare le scarpe”.
Marta ride, io continuo.
“E trovo che sia veramente squallido il modo in cui tratta la mia amica, come fosse una borsetta, una macchina di lusso parcheggiata in garage. Cazzo, voglio dire, in un’ora e mezza non ha mai, mai, mai parlato con lei. Sembra un attore sul palco che recita un monologo. Ma come cazzo fate a sopportarlo?”.
“Quanta invidia” la voce divertita della mia interlocutrice.
“Invidioso io? Ma mi hai visto?” domando indicando la mia maglietta.
“Comunque” di nuovo Marta “Non sono sua amica”.
“Se sei la sua ex-ragazza voglio subito sapere se è tutto giusto quello che ho detto. Specialmente l’autoerotismo e il sesso anale” mi affretto a dire.
Lei ride spostando il busto in avanti, poggia la mano sinistra sul mio avambraccio destro.
Mi irrigidisco, non mi piacciono i contatti non richiesti. Mi fanno sentire nudo e non sono mai riuscito a controllare questa sensazione. Mi toccano e mi sento nudo.
Certo, su un tram pieno di persone non mi succede. Mi succede quando chi mi tocca mi sta guardando negli occhi. E’ una violazione dei confini di sicurezza, qualcosa che non bisognerebbe mai fare.
Una ragazza con cui uscivo mi prendeva sempre in giro perché, al primo appuntamento, non la sfiorai nemmeno una volta. Nemmeno un tattico mano su mano, una strusciata di spalla mentre si cammina. Niente: io qui, tu lì. Principalmente perché è troppo facile stabilire un contatto corporale. Il sublime risiede nel contatto verbale. Sono sempre passato dal verbo al corpo, mai viceversa.
“Quindi, confermi o no?” domando.
“Il sesso anale posso confermarlo”.
“Cazzo!” esclamo alzando un pugno vittorioso “Lo sapevo!”.
“La tua amica non sembra contenta, comunque” mi fa notare Marta.
“No” noto io “Non lo è affatto”.
In questo preciso momento vedo Eleonora alzarsi, venire verso di me sorridendo.
“Posso unirmi alla congrega degli annoiati?” chiede.
“Cosa sai riguardo al sesso anale?” la fulmino facendo scoppiare Marta in una sonora risata.
“Non rompere i coglioni” mi intima sedendosi alla mia sinistra.
Ordina un Cosmopolitan, io scuoto vigorosamente il capo in segno di disapprovazione, lei mi dà una leggera spinta sulla spalla.
“E’ giunto il momento di andare, per me” dice Marta alzandosi.
Mi bacia, guancia destra e guancia sinistra, e si avvia verso la porta.
“Scommetto che ti ha dato il suo numero” dice Eleonora.
“Hai perso la scommessa”.
“Sì? Cosa c’è scritto, a penna, sullo scontrino che si è sbadatamente dimenticata sotto il tuo bicchiere?”.
“Maddai!” faccio io, pensando che la mia amica stia cercando di coglionarmi.
Alzo il bicchiere, prendo lo scontrino ed effettivamente noto un numero di telefono.
“Non lo prendi?” mi chiede Ele, mentre rimetto il pezzo di carta dove l’ho trovato.
“Non lo so. Te che faresti?”.
“Io lo prenderei”.
“Chiunque lo prenderebbe”.
“Per favore” mi implora la mia amica “Non ricominciare con questa storia”.
“Che ansia che sei” le faccio notare.
“Ansia? Io? Sei tu che sei complessato, al massimo”.
“Senti, anziché starmi addosso, dimmi come mai non sei vicino al tuo bello”.
Eleonora finisce il cocktail, mi guarda, dice solo “Andiamo via, per favore”.

Stiamo camminando in Corso Europa, lei non parla da quando siamo usciti dal locale.
“Dai” mi decido a proferir verbo “Devi ammettere che hai fatto un’uscita di scena con gli effetti speciali”.
“Nemmeno si sarà accorto che sono andata via”.
“Cazzi suoi” commento.
“Sai perché le donne ti lasciano i loro numeri di telefono?” mi chiede, cambiando totalmente discorso.
“Perché ho culo?” ipotizzo.
“No, perché riesci a metterle al centro dell’attenzione. Le lusinghi senza fare complimenti”.
“Bah, fosse così, quelli come Mr. Incredibile non dovrebbero cuccar nulla. E invece”.
“Ma lì è diverso” ribatte la mia amica “Quelli come Marco hanno la bella apparenza dalla loro, il ciuffo perfetto, la camicia in ordine”.
“Sì, anche i manichini della rinascente, però non t’ho mai visto con uno di quei maciste di plastica”.
“Coglione” ride Eleonora spingendomi via, di lato.
“Dai, seriamente” ricomincio tornando vicino alla mia amica “Perché ci sei uscita, se tacitamente hai ammesso che ti senti totalmente ignorata, quando sei con lui?”.
“Perché, se devo veramente aspettarne uno come dico io, divento vecchia”.
“Oh! Bella questa! Allora facciamo pesca a strascico, mi sembra corretto”.
“Non è pesca a strascico, stronzo. Lui sa cosa vuole nella vita, è un argomento convincente”.
“Che comunque non ti ha impedito di scivolare via dalla serata in un amen”.
Eleonora incassa in silenzio, cammina guardandosi le scarpe viola, io accendo una sigaretta guardando l’X73 sfrecciare lungo il viale a una velocità, forse, non consentita.
“Con questa mossa, comunque” riprendo “Te lo sei bruciato”.
“Cazzo, lo spero!” esclama lei alzando gli occhi, posando lo sguardo sulla volta del portico in cui stiamo procedendo con passo flemmatico.
“In ogni caso, il loser della serata sei tu, che hai lasciato là il numero di quella ragazza. Era anche carina!” mi punzecchia la mia amica.
Io sbuffo, aspiro dalla sigaretta, non dico nulla.
Lei incalza “Dico io, potevi, no? Che ti costava? Le telefonavi, ci uscivi, no?”.
La ignoro totalmente, mi metto a fischiettare una personalissima rivisitazione dell’inflazionata Smoke On The Water.
“Non puoi sottrarti per tutta la vita alle situazioni che  – ché di questo si tratta: un’ipotesi derivata da un’impressione –  ipotizzi come serie ed impegnative, solo perché hai paura”.
“Riavvolgi il nastro fino a non starmi addosso e ricomincia da lì” commento con disinteresse.
“Certo, sgusci sempre via con una battuta. Comodo”.
“Dovrei risponderti seriamente? Avremo fatto questo discorso –  quante? –  un trilione di volte almeno”.
Lo sa lei, lo so io. Lo sappiamo. E non ho alcuna voglia di ricordarmi che lo so.
Per estremizzare la ripetizione: so che lo so e non ho bisogno di ricordarmi che lo so.
“Sei-un-coglione” scandisce le parole Eleonora, forse poggiando col diaframma, perché la sua voce mi arriva piena, calda, rotonda come quella delle cantanti soul.
“Sono già a conoscenza di questa mia caratteristica”.
Ele prende il pacchetto dalla tasca del mio giaccone, estrae una sigaretta, l’accende.
Emette il fumo, dice “E, comunque, io farò anche pesca a strascico, ma te sei messo peggio. Rinunci a tutto ciò che potrebbe interessarti. Fai prima a spararti un colpo in fronte, a ‘sto punto”.
Non rispondo, non dico più niente. Eleonora cammina e fuma e si guarda intorno.
Procediamo silenziosi e vicini verso la fermata del metrò.
Caro mio, mi dico, gira e rigira, finisce sempre che qualcuno ti fa il culo. Che figata.

The National “Fashion Coat”


10 risposte a "(Lunga) Cronistoria d’una sera ad accompagnar la dama d’altri"

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      1. In effetti ci ho pensato dopo aver scritto il commento. Rabbia forse non è la parola giusta, ma anche questa ahimè è una cosa molto molto vicina a me. 🙂 ps. Soddisfo, di là.

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  1. “Le cose che non iniziano parlando, durano meno d’un preservativo”… Solo questo vale il prezzo del biglietto… Da scolpirsela in testa, questa frase.
    Quanto al resto, se posso permettermi… Fa un po’ rabbia anche me, e lascia un senso di insoddisfazione per qualcosa che avrebbe potuto essere e non è 🙂

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  2. Io sono l’ultima delle romantiche, e direi che quello con la maglietta più bella del mondo farebbe una splendida coppia con Eleonora.

    PS: Solo l’uomo dei sogni può indossare una maglietta simile, Eleonora e io lo sappiamo bene…Marta tornerà da Mr. Incredible, sicuro. 🙂

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